Sant'Agata a Palermo: un itinerario sulle tracce di un forte legame

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FESTE E SAGRE ITINERARI

Sulle tracce di Sant’Agata a Palermo

Sant'Agata a Palermo: posto d'onore nei Quattro Canti

Che la maggioranza dei Catanesi sappia raccontare almeno le basi del legame fra la loro città e la patrona Sant’Agata non stupirebbe, giusto? E che possano farlo anche alcuni Palermitani, questo vi stupirebbe o no? Parlerebbero di un legame, ma non certo quello fra i cugini etnei e la Vergine Martire: vi parlerebbero del rapporto fra Palermo e la Santa! Eh sì, perché – sebbene sia una conoscenza forse di nicchia – è possibile anzi imprescindibile trovare tracce concrete di Sant’Agata a Palermo. Curiosi? Seguiteci!

Sant’Agata a Palermo?

Gli affezionati lettori ricorderanno che due anni fa raccontammo delle sfumature palermitane di Sant’Agata, patrona di Palermo prima dell’avvento di Rosalia. Ricapitoliamo qui le basi di cosa lega Sant’Agata a Palermo – nulla togliendo alla ben più prominente devozione catanese! Nei fatti, l’origine della devozione si basa su un dato che più incerto di com’è non potrebbe essere. Tanto da essere ormai smentito quasi al 100%. Ma si sa: alla gente comune poco ne cale delle fonti ufficiali! Il dato di cui parliamo è quello che attesterebbe la nascita di Sant’Agata a Palermo. Ci sembra di sentir inveire i cugini catanesi; come dargli torto? I Palermitani lo farebbero, se in discussione ci fossero le origini di Santa Rosalia! Quest’attribuzione – una sorta di bomba diplomatica – si fonda sugli Acta SS. Februarii I (Anversa, 1658) e sulla Bibliotheca Sanctorum I (Roma 1961), che indicano in Palermo il luogo natale di Agata.

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Attestato di Sant’Agata Patrona di Palermo (chiesa di Sant’Agata La Pedata) ph Patrizia Grotta

Svista filologica, con buona certezza, per l’erronea trascrizione di Galermo (oggi grosso quartiere di Catania) in Palermo. E va bene, la tradizione popolare può forse rinunciare ai natali, ma non al ruolo di accogliente rifugio di una Sant’Agata a Palermo da Catania, in fuga dalle persecuzioni romane. Qui la giovane si sottrae all’arresto per un periodo di – ci piace immaginarlo – ritrovata serenità. Troppo breve, sicuramente, poiché gli sgherri del prefetto Quintianus riescono a scovarla anche qui. Nella nuova fuga, la nostra Agata lascia una specie di pegno alla città che provò a offrirle riparo: l’impronta indelebile di una sua pedata su un masso. Infine catturata, Agata arriva al cospetto del prefetto, al quale con forza e candore si presenta come libera di nascita ma serva di Cristo. Cosa che, il 5 febbraio del 251, le costerà il martirio, ma la consegnerà all’eternità della Memoria e della devozione.

Sulle tracce palermitane di Sant’Agata, fra arte e devozione

Ovunque sia nata, comunque sia andata, il legame fra Sant’Agata e Palermo è innegabile. Tracce ben concrete e intense lo disegnano nei luoghi più antichi della città, in un itinerario religioso/artistico che qui ci piace offrirvi. Seguirlo, in un periodo complesso come quest’interminabile – fra rosso e arancione – pandemia, potrà solo infondervi bellezza e curiosità.

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I luoghi di Sant’Agata sulla mappa di Palermo

(1) La casa di Sant’Agata a Palermo: la Guilla

Che vi sia nata o che vi abbia trovato rifugio, la Guilla è punto incontrovertibile del legame con Agata. Nelle viscere dell’antico quartiere del Capo, sorgeva la villa che l’accolse. Dell’edificio romano non ci sono più tracce da tempo immemorabile. Né ve ne sono più della villa – ovvero grande giardino – che, per le modifiche lessicali del tempo, diede nome – guilla – alla zona. Sorge invece una chiesa, il cui nome – Sant’Agata alla Guilla – suona come promemoria della presenza di Sant’Agata a Palermo. Eretta fra il XII e il XII secolo e lambita dal Papireto, subisce nel tempo varie modifiche strutturali. Fra i restauri, quello del XVI secolo, che alle linee gotico-catalane aggiunge forme e stucchi del barocco palermitano, e quello del XIX secolo, che riduce le navate da tre a due. La storia della chiesa è, purtroppo, delle non più belle: abbandonata, trafugata, usata persino per la coltivazione abusiva di marjuana.

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La Chiesa di Sant’Agata alla Guilla ph Patrizia Grotta

(2) Eletta fra gli Eletti

A inizio ‘500 il Maestro Antonello Gagini progetta, e in parte realizza, un capolavoro per la Cattedrale di Palermo: una maestosa tribuna marmorea! Collocata nell’abside del gioiello arabo-normanno e alta 25 metri circa, si sviluppava dinamica in 3 ordini di nicchie fra formelle in altorilievo. Un’opera grandiosa, da mozzare il fiato. In alcune nicchie, lo scultore colloca 14 grandi statue di Santi, figure cruciali per la storia della Chiesa o fondamentali per Palermo. Chi non poteva mancare? Sant’Agata, naturalmente! Imponente, serafica, coi simboli del suo martirio in mano (la tenaglia e le mammelle), a testimonianza del rilievo simbolico/affettivo di Sant’Agata a Palermo. Tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX, per inspiegabile crimine artistico, un massiccio restauro smembra la tribuna. Le opere singole attraversano varie dislocazioni, fino a ritrovare pace e collocazione. La statua di Sant’Agata approda, così, sulla parte destra della navata centrale, in cima a un capitello.

(3) Il suggello da Patrona di Sant’Agata a Palermo

Palermo volle Sant’Agata come patrona, senza concederle l’esclusiva. La stessa investitura, infatti, toccò Santa Ninfa, Santa Oliva e Santa Caterina (oltre a una pletora di santi uomini). Amori adolescenziali, potremmo dire, passioni che nascono impetuose e si consumano rapide, prima che arrivi l’amore della vita (per Palermo, Santa Rosalia, ovviamente). Come nella vita di ciascuno di noi, però, questi amori fugaci lasciano tracce, come foto in riva al mare per le cotte estive, e non tutte si possono cancellare. Anche volendolo! Questa tappa del nostro itinerario sulle orme di Sant’Agata a Palermo ci porta al cospetto proprio di quella che potremmo chiamare testimonianza di amore passato. Una testimonianza monumentale, in verità, come il magnifico Teatro del sole di Piazza Villena: i Quattro Canti. E, soprattutto, una testimonianza che nessun Palermitano cancellerebbe. Sollevate gli occhi sull’ordine superiore del Canto a est, a protezione del quartiere della Kalsa: Sant’Agata è lì.

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Sapete che in Cattedrale, a Palermo, si conservano le reliquie di Sant’Agata?
ph Patrizia Grotta

(4) Sulla via della fuga

Il rifugio alla Guilla non è più sicuro. Il soggiorno della futura Sant’Agata a Palermo è sul finire: i soldati sono sulle sue tracce. Ci sembra di vederla, la giovanissima diaconessa, lasciare la villa, percorrere i vicoli della Palermo antica, cuore in gola ma fede salda. Le mura urbane di cinta sono vicine. Agata ne attraversa la porta, forse si gira per un’occhiata. Nel riquadro di questa porta, una Palermo che immaginiamo ancora dormiente accoglie il suo ultimo sguardo. Passerà poco tempo, prima che quella porta che le promette salvezza prenda il suo nome: Porta Sant’Agata. Ci troviamo sull’attuale corso Tukory, al confine con Ballarò.
La porta come oggi la vediamo viene edificata in periodo normanno, ma pochi sono i dubbi che Agata sia passata da quel punto della cinta muraria per fuggire. E la nostra prossima, e ultima, tappa ci porterà a una traccia, anzi un’impronta, di questa fuga!

(5) La Pedata di Sant’Agata

Le chiese in onore di Sant’Agata a Palermo – ci dicono le fonti – erano ben 4. Non si dedicano così tanti edifici religiosi in una sola città a qualcuno che non abbia lasciato un’impronta importante, no? Di due chiese non si hanno più notizie né reperti, la terza – come abbiamo visto – sorge alla Guilla, la quarta ve la presentiamo in quest’ultima tappa. È la chiesa di Sant’Agata La Pedata, sita a poche decine di metri dalla porta di Sant’Agata – in via del Vespro. Anzi, dovremmo invertire il riferimento, poiché secondo una ricostruzione, fu la porta a prendere il nome dalla chiesa. Coeve, poiché edificate in epoca normanna, la chiesa e la porta ci parlano del più stupefacente dei segni palermitani di Agata. Si narra, infatti, che durante la fuga attraverso la porta che la conduce fuori Palermo, la giovane si fermi ad allacciare la scarpa.

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Riuscite a scorgere la pedata sul masso? ph Patrizia Grotta

Per aiutarsi, adagia il piede su un masso, che, sotto il suo lieve peso, umile si ammorbidisce, accogliendo così in eterno l’impronta della Vergine Martire. Prodigio o mito, quel masso esiste ancora ed è custodito nella chiesa che da questa pedata ha preso il nome. La presenza di questa impronta ha reso la chiesa il fulcro delle celebrazioni religiose e popolari in onore di Sant’Agata a Palermo. È qui infatti che dal 2 al 4 febbraio – quest’anno con le dovute accortezze – si celebra il triduo e, il 5, la solenne celebrazione eucaristica. In questa chiesa, secondo il racconto di Pitrè, si recavano in pellegrinaggio le tessitrici, mangiando per devozioni le pastinache – grandi carote – vendute per l’occasione. Da questa chiesa, per tre secoli, partiva la processione con il fercolo dedicato alla Santa. Ecco perché possiamo ben considerare la chiesa di Sant’Agata La Pedata come il fulcro ancora fervido della devozione palermitana.

Sulle tracce di Sant’Agata a Palermo ultima modifica: 2021-02-05T09:00:00+01:00 da Patrizia Grotta

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