Palazzo Chiaramonte–Steri si trova nel quartiere Kalsa (“al Khalisa”, l’Eletta), conosciuto anche come “Mandamento dei Tribunali”, in prossimità del porto della città. I re di Spagna stabilirono in questo Palazzo la sede del Tribunale dell’Inquisizione. Marzo 1782 decretò la fine della Santa Inquisizione in Sicilia. Nei primi dell’800 l’edificio divenne sede di uffici giudiziari. Da qualche anno, dopo parziali restauri nella seconda metà del Novecento, è destinato a sede del Rettorato dell’Università di Palermo. Al suo interno si trova uno dei dipinti più celebri dell’arte contemporanea: la “Vucciria” di Renato Guttuso (1974).
Palazzo Steri
Palazzo Steri, da“Hosterium” (Palazzo Fortificato), in dialetto siciliano “Osterio”, risale al XIV secolo per volere di Conte Manfredi Chiaramonte, proprietario del Feudo di Modica. La potenza dei Chiaramonte si concluse nel 1392 con l’uccisione in pubblica piazza dell’ultimo dei discendenti e con la confisca di tutti i loro beni che passarono alla Casa Reale. Dal 1468 al 1517 fu dimora dei sovrani aragonesi, poi dei viceré spagnoli e tra il 1601 e il 1782 sede dell’Inquisizione del Santo Uffizio. Nel 1600 il Tribunale dell’Inquisizione spagnola lo adattò al suo ruolo con la costruzione delle carceri e della sala delle torture. Quello fu il periodo più feroce e violento della storia della Sicilia che terminò nel 1782: la fine della Santa Inquisizione in Sicilia.
L’Inquisizione in Sicilia
In Sicilia, sin dal Medioevo si era esercitata l’Inquisizione vescovile e dal XIII secolo l’Inquisizione legatina delegata dal Papa. Il vescovo, coadiuvato talvolta dagli inquisitori papali, esercitava normalmente la giurisdizione sui delitti di fede. Ferdinando e Isabella di Spagna, per perseguire le eresie, istituirono l’Inquisizione di rito spagnolo, tribunale di fede. Quest’ultimo cominciò a funzionare regolarmente attorno al 1500. Il re Ferdinando II di Aragona si avvaleva del privilegio dell’Apostolica legazia e i re di Sicilia potevano rivendicare il controllo di tutta la materia ecclesiastica. Nel 1579, Filippo II istituì il Tribunale della Monarchia che permetteva l’intervento in tutte le controversie riguardanti i rapporti tra i fori laici e i fori ecclesiastici. Nessun atto della Santa Sede poteva entrare in vigore senza le lettere esecutorie del viceré. Nell’isola così un tribunale di fede era alle dipendenze della monarchia spagnola.
Atto di Fede
A piazza Marina si celebravano gli Auto da Fé (in spagnolo, acto de fe, Atto di fede), grandiose cerimonie pubbliche obbligatorie per tutti i fedeli cristiani dai 12 anni in su. Gli accusati potevano sperare in un intervento diretto di Dio che, se innocenti, li avrebbe salvati da rogo e torture. Ovviamente, non c’è traccia di tali risoluzioni. Durante queste manifestazioni si allestivano palchi per le autorità, per il clero e per l’aristocrazia, platee per il popolo. Da Palazzo Steri si snodava una lunghissima processione fino ai luoghi in cui divampavano i roghi: Piano della Marina, di Sant’Erasmo o dell’Ucciardone. Le pubbliche fustigazioni avvenivano girando per le vie della città al rullo dei tamburi. Due le tipologie di penitenziati che subivano l’atto di fede: i riconciliati, che avevano abiurato, e gli ostinati.
I penitenziati
I riconciliati scontavano la pena indossando un saio giallo (sambenito), simbolo di vergogna e di emarginazione per i condannati e per le loro famiglie. Subivano pubblicamente la pena della frusta. Se sopravvivevano, andavano ai lavori forzati o imprigionati nelle carceri o, i più fortunati, in esilio. Gli ostinati, invece, subivano il rogo. I detenuti in attesa di giudizio rimanevano reclusi nelle “Carceri segrete”, i condannati a pene detentive nelle “carceri della penitenza”. Le più tristemente famose erano quelle vicine all’orologio, oggi non più esistente, dette “Carceri Filippine” in quanto le aveva fatte costruire Filippo III. Spesso le motivazioni che stavano dietro le prigionie erano le ricchezze delle vittime predestinate. Frati e suore, innovatori, scienziati, poeti, liberi pensatori, nemici dell’ortodossia politica o religiosa, debitori del fisco. Ma anche gli eretici, i colpevoli di atti contro il Santo Offizio, i bigami, gli accusati di magia, di “delitto nefando” (omosessuali), di atti sacrileghi.
Marzo 1782: fine della Santa Inquisizione in Sicilia
Il 16 marzo 1782 fu firmato il decreto di abolizione del tribunale del Sant’Uffizio e il viceré Caracciolo lo rese esecutivo il 27 successivo. Quindi, 1782: fine della Santa Inquisizione in Sicilia. Carlo di Borbone limitò i poteri della SS. Inquisizione. Le macchine di tortura e i documenti dei sommari processi dati alle fiamme in modo da evitare eventuali ritorsioni di coloro che avevano subito condanne e la confisca dei beni ad opera dei “familiari” dell’Inquisizione. Con il restauro novecentesco vennero eliminati la Scala dei Baroni, l’antico orologio, la piattaforma dei condannati e le gabbie interne. Nel 1906 lo storico delle tradizioni popolari Giuseppe Pitrè riuscì a salvare dalla completa distruzione i graffiti lasciati dai prigionieri dell’Inquisizione in alcune celle. Li definì: “Linee sovrapposte a linee, disegni a disegni (che) davano l’idea di una gara di sfaccendati ed erano sfoghi di sofferenza”.
I Graffiti e i disegni
Dopo Marzo 1782, fine della Santa Inquisizione in Sicilia, rimangono i graffiti, espressione dei tormenti e dei pensieri dei prigionieri. Scritti in latino, in italiano (dell’epoca) e in dialetto. Leonardo Sciascia redasse il racconto “Morte dell’Inquisitore” (1964), che narra l’uccisione dell’inquisitore Giovanni Lopez de Cisneros, per mano del frate Diego La Matina. Commissionò al fotografo Ferdinando Scianna, negli anni Ottanta, un reportage fotografico testimonianza dell’abbandono e dell’incuria di quelle di vite e di storia siciliana. La maggior parte dei graffiti manifesta dolore, rabbia, pentimento, devozione a Dio, a Santa Rosalia e alla Madonna. Alcune delle scritte incise: “Poco patire, eterno godere, poco godere eterno patire”; “Maledetto è l’uomo iniquo e rio che confidasi in uomo e non in Dio”; “Santa Rosalia che hai salvato Palermo dalla peste salva anche me”. Le incisioni raffigurano per lo più la sfera religiosa, mappe della Sicilia e di Paesi conosciuti, date e simboli.
Visite guidate
Numerose le iniziative per far conoscere le vicende dei penitenziati, tra cui visite guidate classiche e teatralizzate, testimonianza di ciò che accadde nel 1782: fine della Inquisizione in Sicilia. Dal 2013 al 2015 il progetto de “La notte delle Streghe”, a cui ho preso parte come spettatrice, ha raccontato il periodo dell’Inquisizione dal punto di vista degli stessi prigionieri, testimoniando le atrocità della loro condizione. Il percorso era lasciato appositamente al buio e illuminato solo da torce fornite ad ogni partecipante. Ad oggi le viste guidate permettono di visitare le carceri e di effettuare un tour sull’Inquisizione, mettendo in evidenza le storie di alcuni personaggi divenuti tristemente celebri. Tutto questo permette di mostrare l’arte di un Museo che racchiude in sé il dramma della nostra storia.