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Cripta delle Repentite: le tombe segrete delle ex prostitute

Cripta delle Repentite, foto frontale

Passeggiando per il centro storico di Palermo, tra viuzze, piccoli slarghi e case che sembrano quasi sfiorarsi, si nasconde uno scrigno, custode di antichi segreti. Si tratta di uno dei luoghi più affascinanti della città e risponde al nome di Cripta delle Repentite.

Cripta delle Repentite, di Vincenzo Sottile e di Francesca Leonfante dei Duchi della Verdura

La Cripta si trova al civico 81 di via Divisi, la via dei biciclettai. La storia inizia nel 1512. Vincenzo Sottile, nobile palermitano, decide di intraprendere la carriera ecclesiastica e fa erigere una chiesa nello stesso luogo dove sorgeva il palazzo di famiglia (ah, i picciuli!), dedicandola a Santa Maria della Grazia. Della Chiesa, ancora oggi, sono visibili la facciata con portale e finestre in stile neogotico, alcune colonne e sul soffitto di un’aula, perché oggi sede universitaria, le decorazioni pittoriche della navata originaria.

Nel 1524 suor Francesca Leonfante dei Duchi della Verdura fa acquistare la chiesa e le relative pertinenze alla sua famiglia. Francesca salta tutta la gavetta. Fonda un monastero di monache olivetane e diventa badessa in perpetuo con la facoltà di vestire le altre con lo stesso abito. E poi? E poi succede quello capita a tutti noi esseri mortali. La badessa muore, i soldi iniziano a scarseggiare e si raffredda lo spirito delle monache che pian piano si riducono di numero. Le reduci vengono trasferite in altri conventi, ma sorge il problema di cosa farne dell’edificio. Lampo di genio. Si copia il modello romano del 1520, il convento di Santa Maria Maddalena delle Convertite ed ecco che nasce il convento delle Ree pentite a Palermo.

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Facciata – Foto: C. Gatto

La nascita del Convento

Il convinto inizia a popolarsi di donne che “avevano vissuto una vita dissoluta” e che pentite, avevano deciso di darsi alla perfezione cristiana. Il problema su come mantenere il convento però rimane. Come un coniglio dal cilindro ecco spuntare Isabella di Capua, principessa di Molfetta, moglie del vicerè Ferrante I Gonzaga, il fondatore dello stato di Guastalla. La nobile si inventa il “diritto della bacchetta“ che consisteva in una tassa versata dalle cortigiane ancora in “servizio” al Senato Palermitano. La pratica – alquanto grottesca – concedeva alle cortigiane di poter indossare abiti di seta e di oro, peculiarità delle donne “oneste”.

Dalla tassa erano esonerate le “cassariate” le donne che si vendevano per strada al Cassaro ed erano le più povere. Fermiamoci un attimo. Mi cassariai pure io (a Catania cassariarsi vuol dire confondersi). Ripartiamo dall’inizio. Vincenzo fa costruire una chiesa. Arriva Francesca e la fa comprare ai parenti (?) Si nomina badessa, muore e le suore vengono sfollate. Arrivano dei geniacci e fanno un pensionato per ex prostitute. Isabella, che evidentemente si annoiava moltissimo, si inventa la tassa pagata dalle cortigiane alle ex prostitute. Tutto nella norma, no? Andiamo avanti. La nomina della Badessa di questo originale convento era appannaggio dell’Arcivescovo di Palermo che la sceglieva fra le suore dell’ordine di Santa Chiara, fino a quando le monache non ottennero il 17 maggio del 1729 da Papa Benedetto XIII di eleggere loro stesse la Superiora.

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Cripta delle Repentite – Fonte: Musei UniPa

Dal 1866 al 2005

Nel 1866, con la soppressione degli ordini religiosi, il monastero fu chiuso, ma la chiesa rimase aperta per qualche tempo. L’edificio, in seguito, fu utilizzato prima come quartier generale delle Guardie doganali e poi come sede dell’Istituto d’Igiene. Nel 2005, grazie ai lavori di ristrutturazione dell’Università di Palermo, torna alla luce la cripta delle Repentite. Sotto le piastrelle, infatti, in uno spazio di circa 15-16 metri quadrati, si trova un altare seicentesco rivestito con maioliche raffiguranti motivi floreali. Alle spalle dell’altare altre mattonelle riproducono le immagini di una monaca e di un frate, identificati con San Francesco e Santa Chiara. Le due figure genuflesse si trovano davanti una grande croce e alla base vi è posizionato un teschio, come simbolo della caducità della vita.

La parte più “affascinante” si trova ai lati dove trovano posto i “colatoi”. Qui venivano posti i corpi delle donne a essiccazione naturale. Potremmo parlare di una mummificazione simile a quella compiuta nelle catacombe dei Cappuccini. Se avete appena pranzato potete chiudere la pagina altrimenti continuate a leggere… La procedura di essiccazione prevedeva lo sventramento del corpo e le interiora che confluivano nei colatoi. Nella fossa è stata trovata anche la sepoltura della Madre Badessa identificata da una lapide che reca questa scritta:  “in questo sepolcro giace il corpo della Reverenda Madre Santa Ignazia di Gesù Squatrito quale nacque al 1706, si chiamò al secolo Donna Maria Squatrito, mori’ di anni 76 l’8 aprile 1782.” Del corpo rimangono soltanto poche ciocche di capelli e due ampolle contenenti delle pergamene che rivelano alcuni dettagli della sua vita.

Cripta delle Repentite: le tombe segrete delle ex prostitute ultima modifica: 2022-06-01T09:22:00+02:00 da Cristina Gatto

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