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ARTE STORIA

La poesia alla corte di Federico II

L’esperienza poetica nata alla corte di Federico II nel 1230 rappresenta la prima occasione ufficiale per il volgare di diventare lingua letteraria

L’esperienza poetica nata alla corte di Federico II nel 1230 rappresenta la prima occasione ufficiale per il volgare di diventare lingua poetica. Vediamo l‘excursus e l’importanza che ebbe la Scuola Siciliana, localizzata a Palermo, nel mondo della letteratura e cultura.

La corte di Federico II di Svevia in Sicilia

Federico II di Svevia (1194-1250), conosciuto col titolo di Stupor mundi, non fu solo uno dei più importanti personaggi storici ma anche e uomo e promotore di grande cultura. Federico costruì un ponte tra Medioevo e Rinascimento erigendo il primo Stato monarchico moderno. Nell’apogeo del suo potere, Federico II decise di riunire un vasto numero di giuristi, notai, funzionari di corte, astronomi, naturalisti, geografi, studiosi e nobili appassionati alla falconeria nella sua corte che aveva sede a Palermo, prediletta grazie alla bellezza dei suoi giardini e dei suoi castelli. Palermo era infatti il cuore pulsante di un Mediterraneo ricco di commercio, crocevia di popoli e di culture, del quale la città divenne capitale.

Federico II avviò proprio a Palermo e nella sua corte la costruzione di un ambiente di confronto, di studio, d’invenzione e di formazione che influenzerà l’intero panorama europeo.

Federico II
Statua di Federico II a Napoli (Photo by enzoabramo from Pixabay)

Una corte cosmopolita

Federico II, assieme ai suoi esperti collaboratori, fu promotore di un vero e proprio rinnovamento ideologico. La sua corte divenne polo attrattivo di tradizioni culturali multiformi e centro propulsore di innovazioni letterarie e scientifiche. L’estrema apertura della sua corte palermitana attirò studiosi e uomini di cultura, di arte e d’ingegno dagli angoli più disparati del mondo allora conosciuto. La sua corte è stata il punto d’incontro di almeno quattro culture: quella greca, quella latina, quella araba e quella ebraica. Le più variegate culture del tempo costruirono insieme la magia della corte di Palermo. Un potente imperatore Federico, circondato da intellettuali di rilievo fra cui: Michele Scoto, illustre traduttore dei testi di Avicenna, Teodoro di Antiochia e addirittura il matematico Leonardo Fibonacci.

La corte, multiculturale e plurilingue, era conosciuta come la Magna Curia (e cioè, il consiglio reale composto dai più alti funzionari e dai più eminenti nobili del Regno, che svolge anche funzioni giuridiche).

La corte di Federico II, un centro propulsore di cultura
La corte di Federico II, un centro propulsore di cultura; foto: immagine miniatura corte di Federico II presa dal web

I poeti della corte

Una parte dei suoi funzionari su suo esplicito invito, si dedicò alla composizione di poesia di ispirazione trobadorica dando inizio alla lirica siciliana. Per la prima volta, la scrittura non viene più impiegata solo per usi pratici o religiosi, ma come vera poesia artistica, con fine edonistico. Essi concepiscono la scrittura come momento separato dalla serietà della gravitas di corte. Infatti non si poteva né doveva parlare di politica! I poeti siciliani riprendono il modello della poesia provenzale rielaborandolo secondo il loro sentire e le loro esigenze; I temi sono quelli dell’amore cortese, della donna.

Gli esponenti principali della scuola sono Iacopo da Lentini, considerato il caposcuola per la sua vasta e innovativa produzione, Stefano Protonotaro, Pier della Vigna, reso celebre dal canto dantesco, Cielo d’AlcamoGuido delle Colonne, Odo delle Colonne, Ruggieri d’Amici,Rinaldo d’Aquino, Arrigo Testa, Guido delle Colonne, Stefano Protonotaro, Filippo da Messina, Mazzeo di Ricco, Jacopo Mostacci,Percivalle Doria, Giacomino Pugliese, Ruggierone da Palermo, Tommaso di Sasso, Giovanni di Brienne, Compagnetto da Prato, Paganino da Serzana, Cecco Angiolieri e Folco di Calavra.

Iacopo da Lentini è definito appunto da Dante il “Notaro” nel canto XXIV del Purgatorio, e fu proprio il Sommo Poeta a definire questa scuola nel mondo in cui la conosciamo nel suo trattato il De vulgari eloquentia (I,XII,2-4).

Federico II, poeta e scrittore

Lo stesso imperatore viene considerato il fautore della Scuola. Federico scrisse il De arte venandi cum avibusun trattato di falconeria, in cui si possono ritrovare anche osservazioni sulla natura e una sorte di primo esempio di metodo scientifico ma anche alcune liriche

De la mia disianza c’o penato ad avire mi fa sbaldire – poi ch’i’ nò ragione, Che m’à data fermanza com’io possa compire lu meu placire – senza one cagione, a la stagione – ch’io l’averò ‘n possanza

De la mia disianza – Federico II di Svevia

Pare che anche suo figlio Manfredi fosse dedito agli studi scientifici  e che Re Enzo, altro suo figlio illegittimo, avesse composto canzoni.

I caratteri della Scuola Poetica Siciliana alla corte di Federico II

Si tratta di un’esperienza che possiamo datare tra il 1230 e il 1250, data della morte di Federico. Abbiamo detto in precedenza che il tema trattato principalmente è l’amore cortese declinato nei suoi vari aspetti: fenomenologia dell’amore, natura dell’ammore, sentimenti dell’innamorato, introspezione. Il tutto viene proposto con una lingua innovativa: il siciliano parlato in Sicilia, non il siciliano popolare, ma un siciliano elegante, il cosiddetto volgare illustre, basato sul latino, con provenzalismi, usato per comporre opere di alta poesia. La lingua usata dai poeti siciliani è colta, raffinata, depurata dai tratti più bassi e triviali tipici del dialetto. Si componevamo con essa soprattutto canzoni o brevi componimenti.

La grande novità, oltre appunto all’uso della lingua, è l’introduzione della forma del sonetto, forma poetica più usata nella letteratura italiana, elaborata dal “Notaro”, formato da quattordici versi endecasillabi raggruppati in due quartine a rima alternata o incrociata e in due terzine a rima varia.

Purtroppo oggi possediamo pochissimi testi originali della scuola siciliana, tramandati da copisti fiorentini, che hanno corretto i tratti dialettali più marcati, eliminando la caratteristica rima siciliana (per cui parole come come “aviri” e “serviri” rimavano tra loro). Uno dei pochissimi testi pervenutici integri è Pir meu cori allegrari di Stefano Protonotaro. Dopo la fine dell’esperienza poetica siciliana, il volgare trovò il suo bacino più largo di diffusione nell’Italia centrale e i toscani, completarono e ampliarono le caratteristiche della Scuola Poetica Siciliana.

L’esperienza della corte fridericiana

La Magna Curia fridericiana fu davvero un polo magnetico per i più eccellenti ingegni del tempo; Federico II ebbe una parte fondamentale nell’incentivare la produzione lirica in volgare, riconoscendo anche alla poesia, espressa in un nuovo strumento linguistico, un valore considerevole nell’ambito del suo chiaro e innovativo progetto politico, teso a creare un regno moderno.

foto copertina tratta da Pixaby

La poesia alla corte di Federico II ultima modifica: 2022-10-26T10:36:05+02:00 da SABRINA PORTALE

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