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La tenue magia della distorsione

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La tenue magia della distorsione. Dopo 7 anni di silenzio, inframmezzato da rumors, performance acustiche, e la colonna sonora di ‘America Latina’ dei fratelli D’Innocenzo, sono tornati i Verdena. Il nuovo album della band, intitolato ‘Volevo Magia’, più che portare fino in fondo le premesse del titolo, ritorna su alcune precedenti sicurezze. E’ un disco di chitarre distorte, pieno di fuzz e di effetti, che riporta i Verdena al sound pre ‘Wow’. Allo stesso tempo, il ritorno alla distorsione è pur sempre levigato, filtrato da una sensibilità pop e anche dimezzato nei tempi. Una tenue magia, dunque, in equilibrio tra sperimentazioni e certezze.

La distorsione analogica degli strumenti è al servizio di una forma-canzone bizzarra, che non rinnega la sacra triade ‘verse-chorus-verse’, e prova a renderla bizzarra. Una tela piena di colori vivaci, ma resa tenue e sfumata da una sensibilità acid-pop, e dalla propensione alla sperimentazione del trio. Una sottile magia, che prova a mantenersi in equilibrio, tra tenui distorsioni e bizzarre malinconie romantiche.

La tenue magia della distorsione. Distorsioni acide

In un suono che recupera certe pesantezze grunge nei riff di chitarra e nell’incedere della batteria, possente e marziale, a farla da padrone è una forma di psichedelia acida, dadaista nei testi, che sembrano richiamare esperienze di coppia. Le distorsioni delle chitarre, dei bassi e i tappeti di synth osano verso la psichedelia ma senza superare la soglia della completa destrutturazione della forma-canzone complessiva. Infatti, le 13 tracce si mantengono in equilibrio tra gli acidi squarci di riff novantiani e certo pop d’avanguardia dell’ultimo decennio. La combinazione tra ricercate armonie vocali e distorte bizzarrie melodiche, con qualche spolverata di filtri analogici sintetizzati, non raggiunge le vette dei Radiohead, ad esempio, ma si mantiene piacevole per tutti i 52 minuti di durata

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La tenue magia della distorsione

PROVE DI ARMONIA E URLA

L’uso del cut-up burroughsiano, elemento cardine della produzione lirica di Alberto Ferrari, si sposa perfettamente con le armonie vocali che compongono ogni singola traccia. La voce sussurra, si armonizza, urla e grida, seguendo il ritmo sghembo dei testi. L’attenzione ai testi si trasforma in un divertissement, che si oppone all’incedere lento e chitarroso di alcuni pezzi, e si sposa con i bozzetti psichedelici degli altri. I ritornelli, infatti, a volte si aprono sulla scia del suono, dando un senso di rabbia euforica, a volte si immergono nei ricami più soft, facendo sprofondare l’ascoltatore su dei tappeti di gomma.

NEO-PSICHEDELIA

E’ una forma di neo-psichedelia che non ha le pretese del trip sconvolgente, con fortissimi richiami alla stagione del prog italiano degli anni Settanta. Ma senza i virtuosismi lirici e strumentali e senza la fantasia acida. E’ anche un richiamo a quelle esperienze di confine che cercarono di trovare una provvisoria quadratura alla dialettica tra distorsione e melodia, come gli Husker Du.

La buona combinazione di armonia e urla conduce l’ascoltatore alla fine del disco, con alcuni picchi di entusiasmo ed energia. Ma senza premere sull’acceleratore, rivelandosi un ascolto tranquillo, energico ma rilassante. E, in mezzo al frastuono e alla paccottiglia di certa musica, è un ottimo risultato. Tenue, come i tappeti sonori, ma distorto, come le soluzioni energiche. E, a suo modo, magico.

VOLEVO CHITARRE, MA ANCHE TAPPETI

La tenue magia della distorsione
La tenue magia della distorsione

Passiamo ad una breve discussione delle singole tracce.

‘Chaise longue’ è il primo singolo estratto dal disco, un acid-pop che lega le chitarre con melodie vocali in crescendo.

‘Paul e Linda’ è un pezzo grungettoso, che parte aggressivo e procede ritmato, in cui il riff di chitarra si intreccia alla voce, fino all’esplosione power-pop del ritornello e del finale.

In ‘Pascolare’ è l’incedere acido del basso e del synth, con il contrappunto di una batteria grezza e piena di stop and go, a essere centrale, in un deja-vu dei Melvins ma più lenti e meno cattivi.

‘Certi Magazine’ è il primo bozzetto acustico del disco, in cui le velleità psichedeliche vengono fuori, sia nelle melodie, nei tappeti dei synth e nel falsetto nella parte centrale della traccia.

Un altro passaggio nella psichedelia, questa volta distorta e filtrata dalla combo chitarristica fuzz+octaver, è quello di ‘Crystal Ball’,con la batteria marziale a suo modo, che si contorce ed esplode nel ritornello.

‘Dialobik’ continua il discorso della precedente traccia, con una chitarra tagliente ed acida che può ricordare un Hendrix con la camicia a scacchi, e il basso che riempie i vuoti.

IL PUNK, IL WEIRD E L’INTIMISMO.

La seconda parte del disco (per comodità di chi sta provando a recensirlo in maniera semi-seria si apre con ‘Sui Ghiacciai’, che, come il titolo, scivola su melodie settantiane sottolineate dalla doppia chitarra elettrica ed acustica. Traccia dall’incedere malinconico, romantico e langue.

‘Volevo Magia’, traccia che da il titolo al disco, è l’episodio più punk del disco. Veloce, diretta, aggressiva, con basso e batteri ad occupare la scena.

‘Cielo Super Acceso’, caratterizzata da una melodia zanzarosa che funge da tappeto alle strutture chitarristiche, è un pezzo weird, che ha qualche reminiscenza radiohediana nel ritornello, che implode nonostante le lancinanti distorsioni del muro di chitarre. Lascia piacevoli sensazioni. ‘X Sempre Assente’ ha la forma di una ballata lenta e melanconica, in cui la voce pare rincorrere un fantasma (l’assente del titolo?). ‘Paladini’ è una traccia entusiasmantem introdotto da una marcetta coordinata di chitarra e batteria, con la seconda che puntella il ritmo quasi marziale della prima. La traccia poi svolta nel ritornello, diventando vischiosa, acida ed ostinata. E si chiude paradossalmente nella quiete dove le chitarre rincorrono melodie memori della California acida.

‘Sino a Notte’, sembra uscita direttamente da uno dei due ‘Endkadenz’. E’ un classico pezzo dei Verdena, sotto la protezione del power pop à la Nevermind, in cui la melodia del synth si sposa con il verso ed il bridge della canzone, e agevola la classica esplosione del ritornello. L’ultima traccia del disco , ‘Nei Rami’ è la traccia più intimista del disco. Acustica, densa di reverse, con una voce filtrata e gli archi nel finale che gli danno un sapore contemporaneamente melanconico e romantico.

IN MEZZO AL GUADO, MA SOLIDI E DIVERTENTI

In conclusione, si può dire che questo ritorno dei Verdena non è niente male, anzi. Integra le sperimentazioni precedenti con la ritrovata vena distorta, e non si spinge oltre. Il ritrovato protagonismo delle chitarre è il segno di una sicurezza che vorrebbe tornare al passato, ma si mette alla prova nel presente. Rimane un po’ di amaro in bocca perché certi episodi furbescamente psichedelici, se portati alle estreme conseguenze, avrebbero prodotto un disco perfetto. Ma, nella placida quiete delle distorsioni, e osando con qualche sperimentazione, i Verdena hanno prodotto un ottimo disco, che promette anche belle prestazioni dal vivo. Magari meno selvagge de ‘Starless’ e ‘Sotto Prescrizioni del Dottor Huxley’, ma altrettanto coinvolgenti e, forse, un pizzico più ‘acide’.

La tenue magia della distorsione ultima modifica: 2022-11-24T17:43:19+01:00 da VINCENZO DI MINO

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