Quella pazza idea delle "super gru" turistiche

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Quella pazza idea delle “super gru” turistiche

Vincenzo Latina Gru

Dopo decenni in disuso due imponenti torri nel porto di Palermo sono entrate a far parte del «patrimonio archeologico» della città, subendo l’abbandono una seconda volta. Non si tratta delle torri del complesso monumentale del Castello a Mare, sopravvissute alla distruzione in secoli di conflitti. Parliamo delle due gru portuali scaricatori di rinfuse dal 1983 presso il Molo Trapezoidale e da allora pressoché inutilizzate. Queste due enormi strutture in stato di abbandono sono – secondo l’Autorità Portuale – un “esempio di archeologia industriale” e oggetto di una possibile rivalorizzazione. Ma anche il processo di rifunzionalizzazione delle gru si è naufragato.

Cosa si intende per «archeologia industriale»?

In seguito a grandi fallimenti o chiusure di stabilimenti di un certo valore storico o di rilevanza nazionale, alcuni padiglioni e fabbricati subiscono lo svuotamento e il conseguente abbandono, oltre che l’inerzia pubblica. Questo enorme patrimonio di stabilimenti e costruzioni rimane nel silenzio e nella solitudine fino a quando lo Stato – o un privato – provvede ad abbatterle per far spazio a nuove realtà. La demolizione di immobili di tali dimensioni è spesso troppo costosa ed è così che i beni possono “resuscitare” conquistando l’appellativo di “archeologia industriale”. Non più rovine ma luoghi di interesse artistico e soprattutto di (possibile) utilizzo pubblico.

Le gru che dovevano salvare il porto

Quanto alle due gru portuali, costruite per dar corpo al tentativo di riprendere in mano le sorti del porto di Palermo già decadente – per tasso di crescita – alla fine degli anni Settanta, non sono mai state utilizzate. Può essere considerato come un investimento arrivato con netto ritardo rispetto al bisogno effettivo di recuperare terreno nel commercio sul Mediterraneo. In sostanza, le due gru di trasporto merci aggiunte alle altre strutture di scarico già presenti – e sufficienti – non hanno affiancato un aumento del flusso commerciale portuale palermitano. Sarebbe proprio questa mancata supercrescita che ha di fatto reso inutili le due grandi gru fino ad arrivare al riconoscimento archeologico.

Due giganti protagoniste a nuova vita?

La coppia di gru, dopo quasi trent’anni, ha fatto brevemente parte di un progetto di restyling, recupero e riattivazione di quell’area porto. Gli intenti: una «maggiore integrazione architettonica tra porto e città», la razionalizzazione delle aree funzionali e degli edifici di servizio. In generale il «miglioramento della relazione visiva tra città e mare». Ci sono poi diverse progettualità nella sistemazione dell’area portuale palermitana. Il recupero del Castello a Mare, entrato nel circuito culturale internazionale, la riqualificazione della Cala, la creazione di spazi liberi per la fruizione pubblica come la passeggiata a mare.

Per quanto riguarda le due gru, il bando lanciato nel 2010 dall’Autorità Portuale per l’assegnazione dei lavori di restyling parlava chiaro. «Un concorso di idee per la realizzazione di un progetto artistico e architettonico di rifunzionalizzazione delle due gru scaricatori di rinfuse site nel porto di Palermo quale futuro luogo simbolo dell’interazione porto-città».

Il vincitore del bando fu l’architetto Vincenzo Latina. La sua idea: “Il progetto artistico diventa un’occasione privilegiata per ridisegnare un tratto del water-front del porto, per recuperare una vasta area riconnettendola alla città. Il sistema costituito dalle due gru, situato sulla linea di confine tra acqua e molo, assume il ruolo strategico di una nuova centralità, che lo rendono simile ad uno “strumento”, un artefatto, che diventa anche un centro di attrazione. La finalità è quella di interagire con l’area circostante in modo da costituire una cerniera tra il mare e la città retrostante.”

Un problema politico

Il budget di circa 16 milioni di euro e il bando costato oltre 170 mila euro promettevano bene. Poi qualcosa è andato storto. Una disputa – presumibilmente politica – tra Autorità Portuale e Comune di Palermo blocca il Piano regolatore negli uffici comunali e con lui le prospettive di riqualificazione delle gru del Molo Trapezoidale. Le parole rassegnate di Latina danno l’idea dell’occasione sprecata: «La storia è complessa. A causa di una diatriba tra Comune di Palermo e Autorità Portuale il piano regolatore del porto giace al comune, non viene approvato dal Consiglio Comunale e l’esito è la stasi totale».

Quali lavori erano stati pensati per le gru?

Le due gru alte cinquanta metri si trovano in un’area destinata dal Piano regolatore portuale alle attività per la nautica da diporto e per il tempo libero. I volumi da applicare alle gru, previsti dal progetto vincitore, sono costituiti da un cubo sospeso colorato e da un edificio a forma di L capovolta destinato a ospitare ristoranti, bar e uffici dell’Autorità portuale. Inoltre in cima era prevista una stazione di arrivo di una cabinovia per l’escursione aerea della costa tramite funivia. Una visione ambiziosa di rimodellamento dell’area portuale che ad oggi è orfana del budget e dell’attuazione di un Piano regolatore. 

Prossimamente un ammasso di rottami

L’epilogo: sono attive le procedure per l’affidamento dei lavori per rimuovere sei vecchie gru del porto. Ebbene sì, tra queste sei vi sono proprio le due protagoniste in disuso. Spariranno le quattro gru a braccio girevole “Reggiane” della banchina Sammuzzo e le due gru “Italimpianti” sul molo Trapezoidale. Ci sarà inoltre un significativo abbattimento delle spese per l’esecuzione dei lavori. La ditta esecutrice infatti entrerà in possesso di circa 2.300 tonnellate di rottami metallici da rivendere sul mercato con un potenziale guadagno di circa 400 mila euro.

Quella pazza idea delle “super gru” turistiche ultima modifica: 2019-05-31T15:28:39+02:00 da Daniele Monteleone

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