La vecchia dell'aceto, storia di un sicario di altri tempi

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La vecchia dell’aceto, storia di un sicario di altri tempi

Col Tempo By Giorgione

Tra realtà e leggenda, la storia di Giovanna Bonanno ha tenuto e, tutt’ora tiene, col fiato sospeso chiunque si trovi ad ascoltarla, che egli sia vecchio o bambino. Giovanna o Anna, non ci è dato sapere quale fosse il suo reale nome. Ella, infatti, è meglio conosciuta come “La vecchia dell’aceto”. La narrazione degli eventi che hanno reso celebre tale figura è stata negli anni arricchita da dettagli tanto misteriosi quanto fantasiosi ma, come in ogni rendiconto, un fondo di verità esiste, ed è trascritta negli atti che condussero l’anziana donna in tribunale, ben duecentotrenta anni fa.

Chi era “La vecchia dell’aceto”?

Anna Pantò visse a Palermo nel XVIII secolo, nel quartiere della Zisa. Nessun dato riguardante la sua giovinezza ci è giunto, tanto che nella tradizione popolare ella viene sempre raffigurata come una vecchia mendicante. Nel tempo, però, il suo nome – non ci è dato sapere se per errata trascrizione o per falsificazione – divenne Giovanna. La donna a trent’anni aveva sposato un tale Vincenzo Bonanno, da cui prese il cognome. Tante le rinomanze, ma dalla nomea di “Vecchia dell’aceto” deriva la sua fama.
Mendicante, strega e, infine, assassina spietata. Una vita, secondo la tradizione, trascorsa a domandare denaro ai passanti, fino al momento in cui un’astuta intuizione non la colse. L’odore d’aceto la accecò e, quello stesso profumo, per anni e anni, l’avrebbe accompagnata per le strade, fino alla piazza in cui avvenne la sua esecuzione.

Mendicante vecchia dell'aceto

©Riccardo Romano

Giovanna Bonanno, un’assassina mascherata da strega

La storia racconta che Giovanna Bonanno abbia casualmente scoperto un metodo brutale attraverso il quale arricchirsi. La donna era spietata e, per qualche danaro, era disposta a tutto, persino ad uccidere. Le sue vittime erano per lo più uomini. Molte donne di Palermo, infatti, si recavano dall’anziana per liberarsi dei mariti. Una modica somma, versata nelle tasche dell’avvelenatrice, e le famiglie acquisivano una nuova serenità. O per meglio dire, le astute vedove trovavano accoglienza tra le braccia degli amanti, senza intoppi. Ma come riusciva, la vecchia dell’aceto, ad uccidere lo sfortunato di turno?

L’aceto per i pidocchi, elisir e arma letale

Il soprannome stesso ne rivela il segreto. L’aceto, infatti, era l’arma di Giovanna Bonanno. La donna, un giorno, scoprì casualmente le potenzialità funeste nefaste di tale veleno. I racconti narrano, infatti, che l’anziana mendicante avesse incontrato per le vie della Zisa una madre che tra le braccia teneva il corpicino della figlia sofferente. La ragione del malore della bambina era stato l’aceto per pidocchi, una miscela a base di aceto e arsenico che serviva ad annientare gli insetti. La fanciulla, che ne aveva bevuto soltanto un sorso, si contorceva, finché l’aromataio non le fece ingoiare dell’olio. Ella vomitò e, in tal modo, ebbe salva la vita.
Giovanna Bonanno, avendo assistito alla scena, decise di fare un esperimento. La brutale vecchia inzuppò un tozzo di pane in una gran dose di aceto per i pidocchi e lo diede da mangiare a un cane randagio. Ella legò il povero animale al bastione di Porta d’Ossuna e, il giorno seguente, lo ritrovò privo di vita. Nessun segnale faceva pensare che la sua prima vittima fosse morta per avvelenamento. Tale fattore convinse la vecchia dell’aceto ad utilizzare il misterioso veleno, che all’apparenza sembrava vino bianco, come arma.

Vecchia dell’aceto

Nel quartiere Zisa morti misteriose iniziarono a susseguirsi. Nessun medico riusciva ad accertare quale malore avesse colto i defunti.“U Signuri ci pozza arrifriscari l’armicedda” (Il Signore possa rinfrescargli l’anima), affermava la vecchia dell’aceto facendosi il segno della croce. E poi riscuoteva il suo compenso.

Il fatale errore e la fine della sua carriera

La carriera della vecchia dell’aceto, però, ebbe breve durata. Tra le sue vittime, infatti, ci fu il figlio di una sua carissima amica. Ella, dopo la morte del ragazzo, non perse tempo a tradire l’avvelenatrice ormai ottantenne. Finse di voler comprare una dose di “aceto”, ed al momento della consegna si presentò con quattro testimoni, cogliendo in flagrante Giovanna Bonanno.
Il processo non fu lieve nei confronti della donna, accusata da sei dei coniugi superstiti e dal droghiere che le vendeva l’aceto per pidocchi. La vecchia fattucchiera fu rinchiusa a Palazzo Steri, in quegli anni luogo di detenzione. La condanna per veneficio e stregoneria fu nefasta. Il 30 luglio 1789, infatti, l’avvelenatrice venne impiccata ai Quattro Canti. La sua anima, secondo le leggende, vaga ancora per le vie di Palermo.

La vecchia dell’aceto, storia di un sicario di altri tempi ultima modifica: 2019-04-12T02:17:56+02:00 da Chiara Ferrara

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