Seguendo il motto di Plinio per cui «turpe è vivere in una patria e sconoscerla», Giuseppe Pitrè fece della propria esistenza uno strumento conoscitivo e divulgativo. La sua Patria era la Sicilia. La sua conoscenza è ancora oggi la straordinaria opera di ricerca e valorizzazione di ogni forma espressiva di un universo popolare fino ad allora trascurato. Di lui oggi, nell’anniversario della sua morte, vogliamo seguire con voi le tracce, nell’universo narrativo che amò e nei luoghi in cui visse. Seguiteci nel viaggio fra i tesori di Pitrè!
La vita di Pitrè
Medico, etnologo, antropologo, filologo, docente di demopsicologia: non basta un solo “titolo” per definire la grandezza umana e intellettuale di Pitrè. Più significative ed immediate sono le parole con cui egli stesso indica l’oggetto dei suoi studi: il prezioso tesoro delle tradizioni popolari. Diviene, così, facile immaginare Pitrè come uno scopritore di ricchezze, di tesori – appunto – vividi e presenti ma grandemente trascurati. O almeno, trascurati prima che i suoi occhi li scovassero e li bramassero!
Nasce a Palermo il 22 dicembre 1841, nel quartiere portuale del Borgo. La famiglia originaria è incubatrice ideale per creare la personalità dello scopritore. Il padre, Salvatore, è un marinaio di lunghi viaggi – in uno dei quali perde precocemente la vita per febbre gialla. La madre, Maria Stabile, è il suo primo genuino contatto con i canti popolari siciliani, che pianta in lui il seme dell’attrazione verso il folklore.
La targa che indica il luogo in cui Pitrè nacque ph©Patrizia Grotta
Grazie agli sforzi della madre, rimasta sola a prendersi cura della famiglia, Giuseppe procede con gli studi nonostante la precarietà economica. Laureatosi in medicina, diventa medico del popolo. Questo lo mantiene costantemente in contatto non solo con i mali del corpo, ma anche con l’affascinante apparato di rimedi popolari. Non smetterà mai questa professione, mantenendo vivido il rapporto con una delle sue fonti di conoscenza.
Il suo amore per la patria – la Sicilia – si concretizza anche con la partecipazione giovanile all’impresa garibaldina e con la carica di consigliere comunale di Palermo (1895). In questo ruolo, riporta in auge la tradizione del festino di Santa Rosalia.
Tra il 1885 e il 1899 dirige la collana di “Curiosità popolari tradizionali” e nel 1890 fonda, con Salvatore Salomone Marino, l’Archivio per lo studio delle tradizioni popolari. Morirà a Palermo il 10 aprile del 1916, esattamente 103 anni fa.
L’opera di Pitrè
Mezzo secolo e più di ricerche pazienti, indefesse, anche pertinaci, durate con costanza di fede e coscienza di amore nel popolo e pel popolo siciliano. Basterebbe quest’aperta dichiarazione d’innamoramento a definire l’opera che ha dato dignità e profondità alla cultura popolare palermitana e siciliana. Non si tratta soltanto di un’opera di ricerca, raccolta e sistematizzazione, ma anche di analisi e valorizzazione. Note, commenti e anche creazioni letterarie originali, infatti, arricchiscono le raccolte di Pitrè. Fiabe, miti, canti, proverbi, giochi, indovinelli, feste e rimedi medici: l’anima popolare della conoscenza trova completa manifestazione nei suoi scritti. Questi tesori di Pitrè saranno, d’altronde, d’ispirazione ai capolavori di autori come Capuana e Verga. Summa esemplare di un’attività che non è retorico definire monumentale, possono essere considerati i 25 volumi della Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane (1871-1913).
Ricostruzione dello studio di Pitrè ph©Patrizia Grotta
Infaticabile ricercatore sul campo delle relazioni umane con quel ceto umile per lui di stimolante ricchezza, Pitrè scrive anche del folklore oltre la Sicilia. Materiale e riflessioni per questo gli derivano dai suoi fittissimi ed ininterrotti scambi epistolari con una ricca varietà di studiosi italiani ed europei. Definire lettere questi scritti sarebbe quanto mai riduttivo: nelle righe vergate dal suo studio domestico, vivono i fondamenti della «demopsicologia», di quella scienza del folklore di cui è indiscusso creatore.
Il lavoro e la famiglia
Un lavoro strettamente connesso agli affetti familiari e agli eventi della vita personale. Molti dei tesori di Pitrè, infatti, quei suoi volumi la cui stesura tanti sacrifici gli ha richiesto, sono dedicati proprio ai cari. Come alla madre, sua primaria fonte conoscitiva; alla figlia che – novella sposa – lascia la Sicilia e dal padre riceve monito a mai dimenticare la patria. O al figlio, precocemente morto proprio alla vigilia della stampa dell’ultimo volume della Biblioteca.
I luoghi di Pitrè
I luoghi della vita
La storia e l’opera di Giuseppe Pitrè sono intimamente connessi ad alcuni luoghi di Palermo. Da qui, quasi senza mai lasciarla per lungo tempo, il fondatore della demopsicologia poté descrivere un intero universo popolare, siciliano e italiano.
Partiamo dalla casa in cui nacque, la palazzina al civico 81 di via Collegio di Maria al Borgo. L’originario villaggio di pescatori offre a Giuseppe una prima messe di materiale tra leggende e canti marinari. In questa casa, evidenziata da una targa, la madre Maria lo introduce alla conoscenza appassionata della cultura delle borgate popolari.
La sua vita adulta non si svolge troppo lontano da lì, giusto qualche centinaio di metri in linea d’aria. Basta raggiungere, infatti, piazza Sant’Oliva, tra il Politeama e la chiesa di San Francesco di Paola. Al suo centro, un suo busto – opera di Ettore Ximenes – troneggia, spesso solitario ed ignorato, ma sempre in compagnia di almeno un piccione.
Il busto di Pitrè a piazza sant’Olive ph.©Patrizia Grotta
Alle spalle del busto, su una palazzina, una targa ci ricorda che fra quelle pareti il grande Pitrè visse meditò e morì.
Il museo etnografico siciliano
L’omaggio ai tesori di Pitrè vive, però, soprattutto in quel museo etnografico sicliano che egli tanto volle. La locazione originaria, quattro sale nel collegio dell’Assunta in via Maqueda, mortificava l’idea di allestimento narrativo che Pitrè concepiva. Solo dopo la sua morte, l’esposizione si sposta – grazie all’antropologo Giuseppe Cocchiara, allievo del Maestro – nella prestigiosa sede annessa alla Palazzina Cinese (momentaneamente in ristrutturazione). Ad essa, si aggiunge in tempi recenti la seconda sede di Palazzo Tarallo – nel cuore dell’Albergheria. Qui è custodita la stanza della memoria di Pitrè, con la sua scrivania ed alcuni oggetti personali. Un giro attraverso questi luoghi – lento e ponderato – compie l’incantesimo di riportarci nel nucleo di un mondo oggi scomparso ma tuttora ammaliante. E nel cuore dell’amore immenso di un ricercatore di tesori immateriali.