Chiese ritrovate: Sant’Antonio Abate e la Torre civica

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MONUMENTI

Chiese ritrovate: Sant’Antonio Abate e la Torre civica

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La Torre con la campana pretoria ©Patrizia Grotta

Nonostante il patrimonio artistico-architettonico della città conti un numero straordinario di chiese, i Palermitani sentono sempre il “buco” di quelle cui d’improvviso abbiano accesso negato. Per questo, la riapertura di uno dei “gioielli negati” porta sempre con sé un’ondata di gioia e curiosità. Ultimamente, l’attenzione si è focalizzata sulla chiesa di Sant’Antonio Abate – dai più nota come “Ecce Homo”. E noi siamo andati a riscoprirla per voi!

La Storia

Piccola e chiara, la chiesa di Sant’Antonio Abate Magno svetta vista su via Roma in cima alla sua scalinata, come un uccello che osserva la città. E di uccelli, gabbiani soprattutto, vi capiterà di vederne appollaiati sul tetto o sulla torre campanaria, quando hanno voglia di asciugare le piume al sole. Confine fra la via “bene” e la Vucciria – storico mercato cittadino – ha ascendenze di tutto rispetto, che corrono indietro nella storia fino al 1220. È questo l’anno della sua edificazione, quando per lei fu scelta una posizione speciale per tanti aspetti. Innanzitutto, essa sorgeva su una piccola altura tra i due fiumi che davano forma all’antica Palermo, il Kemonia a sud e il Papireto a nord. Così possiamo immaginarla nascere fra la carezza dei due corsi d’acqua, quasi in un “battesimo naturale”. Prima di lei, inoltre, in quel punto, Palermo aveva avuto la sua porta di mare, l’araba Bab al Bahr.

Ecce Homo: la chiesa di Sant'Antonio abate svetta su via Roma

La chiesa di Sant’Antonio Abate che svetta su via Roma ©Patrizia Grotta

Vari sono stati, nei secoli, gli interventi sulla struttura esterna, necessari per riparare danni di terremoti o per assecondare il gusto dell’epoca. Uno dei più rilevanti è quello che, fra il 1302 e il 1313, la dotò della torre campanaria che la affianca. La torre custodisce la campana pretoria, che svolgeva la funzione civica di convocazione del popolo da parte del Senato palermitano. Oggi i suoi rintocchi non si levano più a fianco dell’Ecce Homo, ma è comunque ben visibile. L’impianto architettonico definitivo risale al 1536, ma i lavori di ristrutturazione conseguenti al terremoto del 1823 donarono lo stile neogotico a noi giunto. La scalinata esterna che la congiunge alla più bassa via Roma è l’intervento più “recente” (inizio 1900) ed ebbe l’obiettivo di far riemergere la chiesa. Gli edifici sorti tutto attorno, infatti, avevano finito con il fagocitarla e privarla della caratteristica svettante con cui era nata.

Ecce Homo: la facciata neogotica della chiesa

La facciata neogotica della chiesa ©Patrizia Grotta

L’interno

Percorsa la scalinata, ci soffermiamo sul sagrato e ammiriamo la facciata neogotica con le imponenti figure di santi ai lati della porta. Non si cada in errore, però: nessuno dei due è il Santo cui la chiesa è dedicata, poiché le statue rappresentano rispettivamente Pietro e Paolo. Una volta dentro, la chiesa colpisce per la sua forma quadrata, a croce greca, su cui arieggia la cupola ogivale retta da quattro colonne. L’atmosfera è pregna di antichità, per il tempo che vi è trascorso come per le opere d’arte che essa custodisce. Subito a sinistra, infatti, un fonte battesimale di fine XVIII secolo attira l’attenzione, opera dello scultore palermitano Filippo Pennino (autore, tra l’altro, anche del fonte battesimale della Cattedrale). Si deve, invece, allo Zoppo di Gangi, il dipinto che ritrae, finalmente, Sant’Antonio Abate nella cappella dell’abside a destra dell’altare. Di Antonino Gagini (1551), figlio del grande Antonello, è il tabernacolo.

Ecce Homo: l'interno della chiesa

L’interno della chiesa ©Patrizia Grotta

Bisogna, però, spostarsi sulla navata destra per arrivare a quello che è il vero cuore pulsante della Chiesa. L’elemento che le conferisce, tra l’altro, l’appellativo con cui essa è veramente nota fra i Palermitani, è un busto ligneo dell’Ecce Homo. Opera di frate Umile da Petralia, risale all’inizio del 1600 ed è oggi protetta all’interno di una teca di vetro. Perfetta nei dettagli di umana sofferenza, occupa un posto defilato nella ricca dotazione artistica della chiesa, ma calamita l’attenzione commossa del visitatore e dei fedeli. Al suo fianco, a pochi metri, un’altra opera in legno, un crocefisso issato su un altare, attribuibile a Cinquemani, le fa da completamento. Insieme, compongono il dittico che – a nostro avviso – dà spessore emozionale a questa piccola chiesa.

Ecce Homo

Ecce Homo, dicevamo. Sarà questo l’appellativo con cui dovrete indicarla, se vorrete che i Palermitani vi capiscano, poiché la sua definizione ufficiale è in realtà la meno nota. Soprattutto se il vostro interlocutore avrà alle sue spalle da un po’ gli anni della giovinezza! Ecce Homo, scrivevamo, è il cuore pulsante della chiesa neogotica, ma un tempo questo cuore stava fuori dal corpo architettonico. La sua prima collocazione, infatti, vedeva il bellissimo busto ligneo accogliere i fedeli ai piedi della scalinata, in una piccola edicola votiva. E i fedeli accorrevano numerosi ad esso, nella prima metà del secolo scorso, con la speranza di ricevere un miracolo. Sì, perché le nostre nonne ci raccontavano che questo accadeva: l’Ecce Homo ascoltava le preghiere e “agiva”. Agiva, a volte, anche in senso letterale, poiché si narra che il viso potesse persino muoversi in cenni di assenso e dissenso, alle domande dei fedeli.

Ecce Homo: Il busto ligneo dell'Ecce Homo

Il busto ligneo dell’Ecce Homo ©Patrizia Grotta

Sui racconti delle persone anziane, ci creiamo le scene di questa vecchia devozione. I capannelli di fedeli in fila e le vecchie a vendere per qualche spicciolo i ceri da accendere, in segno di preghiera o gratitudine. Oggi, il busto ligneo – vi dicevamo – riposa dentro la chiesa, per preservarlo dagli agenti naturali. Si dice anche che esso sia stato vittima, nel secolo scorso, di un furto lampo e subito fatto ritrovare, probabilmente da ladri pentiti per il gesto “blasfemo”. Al suo posto, da molto tempo ormai, sta una versione in cartapesta. Questa non possiede certo la bellezza della versione lignea, ma svolge ugualmente la funzione di definire il predominio dell’Ecce Homo su Sant’Antonio.
Sotto la sua egida, dopo cinque anni di chiusura, dovuta a difficoltà gestionali e lavori di restauro, la chiesa riapre, dunque, ai turisti come al culto. E chissà che l’antica devozione popolare non torni a cercarvi speranza.

Saliamo sulla Torre

A massimizzare l’attrattiva e il fascino di questo gioiello, ecco arrivare la tanto attesa apertura al pubblico proprio della Torre Civica annessa. Costruita sulla precedente torre araba Pharat, consentiva la piena vista sul traffico in entrata ed uscita dal Porto. Al tempo della sua edificazione, infatti, la linea del mare era molto arretrata rispetto a quella odierna. Così, potendo idealmente collocare l’antico porto all’incirca dove oggi sorge piazza Borsa, è facile immaginare la posizione dominante della Torre.
La sua definizione civica parla chiaramente tanto della sua funzione quanto della sua appartenenza. Essa fu, infatti, voluta dal Senato palermitano e regolava i ritmi della vita cittadina. Ciò avveniva tramite svariate combinazioni di rintocco fra la grande campana centrale – fusa nella fonderia regia – e le quattro più piccole. Ad esempio, circa cinquanta rintocchi alla seconda ora dopo i Vespri (più o meno le otto della sera) significavano la chiusura delle botteghe!

Ecce Homo: vista dalla Torre civica annessa alla Chiesa

La vista straordinaria su Vucciria e San Domenico ph ©Patrizia Grotta

Finanziata dalla storica famiglia palermitana dei Chiaramonte, reca ancora il loro stemma in pietra, speculare all’aquila simbolo del Senato.
La vista dalla Torre spazia da alcune delle più belle cupole cittadine, incoronate dai monti, fino alle gru dei Cantieri che incorniciano il mare. A renderla imperdibile e originale, però, contribuiscono l’affaccio sui tetti della sottostante Vucciria e una prospettiva inusuale e mozzafiato sulla chiesa di San Domenico. Altro dettaglio affascinante di quest’ascensione riguarda la terrazza da cui si accede alla Torre. Tetto della chiesa dedicata all’Ecce Homo, ospita la cupola – con finestre attraverso cui sbirciare l’interno da una prospettiva diversa!
L’accesso alla torre avviene dall’interno della chiesa ed è possibile tutti i giorni della settimana, domenica esclusa, fino alle 18 – al costo di €2,50. A proposito dei contributi d’ingresso, la guida ci ha svelato che proprio grazie a questi sono stati possibili i lavori preliminari alla riapertura!

Chiese ritrovate: Sant’Antonio Abate e la Torre civica ultima modifica: 2019-04-16T12:07:51+02:00 da Patrizia Grotta

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