I ribelli palermitani dietro la storia del fantasma del Teatro Massimo -

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I ribelli palermitani dietro la storia del fantasma del Teatro Massimo

Teatromassimo

All’indomani dell’Unità d’Italia, in una Palermo un po’ monarchica e un po’ repubblicana, bisognava «provvedere alla mancanza di un teatro che stesse in rapporto alla cresciuta civiltà ed a’ bisogni della popolazione». E in nome di quella “maggiore civiltà”, si demolì una vasta area del centro cittadino, a costo di far arrabbiare qualche suora. Il fantasma del Teatro Massimo, secondo una leggenda palermitana, aleggia ancora tra le scalinate e le quinte del terzo teatro più grande d’Europa. Ma, forse, c’è molto più di uno spettro iracondo in questa storia.

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Teatro Massimo, Palermo – Bjs (Wikipedia)

Siamo nel 1859 e si stanno avviando le prime valutazioni urbanistiche per la costruzione di uno dei teatri che sarebbe entrato di diritto fra i più grandi d’Europa. Si tratta del ‘Teatro Massimo Vittorio Emanuele’, noto appunto come Teatro Massimo, ennesimo appellativo diminuito o modificato, come è costume presso i palermitani.

La storia di uno spirito inquieto

Iniziarono le operazioni di esproprio dei terreni che oggi costituiscono piazza Giuseppe Verdi, l’imponente spiazzale che ospita il Teatro Massimo. In quest’area, all’epoca, sorgevano tre chiese e altrettanti monasteri: la Chiesa di San Francesco delle Stimmate e il Monastero delle Clarisse, la Chiesa di San Giuliano e il Monastero dell’Ordine Teatino, e la Chiesa di Sant’Agata delle Scorruggie alle Mura, quest’ultima sorta sul luogo che pare essere stato quello dell’antica casa della santa, una delle cinque protettrici di Palermo.

Fate spazio al Teatro Massimo!

È solito trovare all’interno di conventi e monasteri i luoghi di sepoltura di coloro che hanno vissuto nell’edificio la propria vita di fede. E dunque anche coloro che, insomma, vi hanno concluso il proprio “percorso”. Le chiese demolite nei pressi della Porta Maqueda non facevano eccezione dato che contenevano oltre un centinaio fra tombe e ossari, monumentali e commemorativi. Non stupisce che per i lavori di spianamento della zona si sia dovuto “disturbare” più di un defunto. Ma in quest’occasione, al contrario di quanto accadde cento anni dopo in piazza Magione, nessun convento fermò i lavori.

Teatro Massimo durante i lavori di realizzazione

La distruzione dei beni della Curia e del circondario abitato avrebbe scontentato più di qualche religioso. E cosa c’è di più potente e dissacrante di una donna di chiesa strappata dal proprio sepolcro? La tradizione, infatti, narra che una suora la cui tomba sarebbe stata profanata, si aggiri ancora per il teatro. Qui il folclore più pittoresco e la profonda reazione di pancia del popolo post-quarantottino si intrecciano, dipingendo un quadro storico polemico sotto questo “dannato” Teatro Massimo.

Si sa chi è il fantasma del Teatro Massimo?

L’identità della badessa fantasma potrebbe essere quella dell’austera Suor Girolama Marino, colei che introdusse la nuova regola del monastero, appunto la prima madre superiora delle Clarisse: le monache non potevano essere più di cinquanta e non vi si potevano ammettere che nobili, tanto che si chiamò “il monastero delle dame”. La chiesa e il monastero chic occupavano l’ultimo isolato della via Maqueda verso settentrione e la facciata della chiesa era sontuosamente decorata da intagli e statue.

Storia e leggenda si incontrano

È in questo monastero “nobiliare”, abbattuto nel 1875, che si incontrano storia e leggenda. Il settembre del 1866 fu testimone dell’amara “rivolta del sette e mezzo”, infatti durò appena sette giorni e mezzo. La sommossa antigovernativa, definita anche come «l’ultimo risorgimento», vide il popolo siciliano insorgere contro il Regio esercito, in un clima che a Palermo – e in generale in Sicilia – era ancora carico di tensioni. Al grido di “Viva la Repubblica” si riunirono migliaia di rivoltosi (oltre 30 mila, contro un dispiego di truppe regie di 40 mila effettivi). Erano principalmente dalla Sicilia occidentale: ex garibaldini, reduci dell’Esercito meridionale, ex funzionari borbonici e religiosi delusi dalle nuove leggi.

Tempo di rivolta (e di repressione)

Il culmine arrivò il 16 settembre 1866: il monastero delle Clarisse (sfrattate) viene preso d’assalto e divenne ricovero per gli insorti nei giorni della rivoluzione. Una settimana dopo, a suon di bombardamenti – proprio com’era avvenuto per la conquista della Sicilia solo sei anni prima – torna il controllo regio su Palermo, lasciando sul campo migliaia di morti fra civili innocenti e ribelli armati. Sopra quest’ultima roccaforte risorgimentale, viene eretto il nuovo simbolo di civiltà, il teatro di cui la città aveva bisogno.

Il Teatro Massimo “sopra” antichi rancori

Viene da pensare che la decisione di costruire il Teatro Massimo proprio lì, non fu solo frutto di un elaborato piano urbanistico. Il fortino che resistette alla reazione del Regno d’Italia, l’ultimo baluardo di una richiesta repubblicana – che sarà “vendicata” solo ottant’anni dopo – venne schiacciato dalla civilizzazione della Destra storica di Bettino Ricasoli, coi cannoni e con l’insolenza di chi considerava l’antica civiltà siciliana «barbari o semibarbari, non ancora pervenuti al loro stesso grado di civiltà» (Alatri). Il fantasma che infesta il grande teatro palermitano è molto più di una leggenda; è storia di repressione, ingiustizia e sangue.

I ribelli palermitani dietro la storia del fantasma del Teatro Massimo ultima modifica: 2020-09-16T13:13:28+02:00 da Daniele Monteleone

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