Giovanni Borgese, il nazionalista convinto fino alla fine

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Giovanni Borgese, il nazionalista convinto fino alla fine

Cartolina Tripolitania E Cirenaica 1911

Ultimo nato della famiglia Borgese nel 1884, Giovanni cresce a Polizzi Generosa, un piccolo paese dell’entroterra palermitano. Il piccolo Borgese vive in un clima culturale e politico particolare. Un periodo che da solo spiega le tensioni e le spinte della sua generazione, i giovani dei primi due decenni del Novecento.

Il contesto isolano e nazionale del primo Novecento

La Sicilia di quegli anni fu una terra attraversata da complesse dinamiche sociali, economiche, culturali e politiche. Su tutte, la perdita di importanza di un’istituzione storicamente molto difesa: il latifondo. In questo progressivo schiacciamento emerge la centralità dello scontro fra la vecchia “aristocrazia” e la nuova classe media dei lavoratori. La prima legata al latifondo da cui traeva non solo i mezzi materiali della sua sopravvivenza, ma il motivo della propria influenza sociale e politica. La seconda, insieme al mondo della cultura, cercava un ruolo autonomo e col suo dinamismo futurista aspirava a divenire classe dirigente capace di guidare la modernizzazione dell’Isola.

Giolitti

Giovanni Giolitti, più volte incaricato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri italiano

Drastico fu il passaggio di consegne dal Crispi, l’uomo del Risorgimento, al Giolitti interessato agli affari del Settentrione. Per decenni il primo, difensore della classe media in crescita, è rimasto, in qualche modo, indimenticato riformatore e innovatore. Vero è che la più recente storiografia ha tentato di glorificare esclusivamente la politica giolittiana, in qualche modo la rivincita dell’aristocrazia. Di quel periodo, il fratello di Giovanni, il letterato Antonio Giuseppe Borgese, scriveva: “Volevamo conquistare coscienza del compito e del valore di tutta una generazione, di quella ch’era succeduta ai liberatori e avevano potuto svolgersi in condizioni politiche e morali di gran lunga superiori a quelle dei secoli scorsi. (…) I primi anni del nuovo secolo sono contrassegnati da un vivo ardore di ricerca e di rinnovamento e di opposizione”.

L’attivismo all’università di Palermo

In questo processo di crescente patriottismo diede il suo attivo contributo proprio il giovane Borgese. Nel 1908, ancora studente universitario, divenne il maggiore esponente della sezione palermitana della Corda Fratres (un’organizzazione internazionale degli studenti). L’irredentismo fu la prima e la più grande passione politica. L’esordio pubblico del giovane patriota avviene in occasione delle manifestazioni irredentiste di protesta contro la politica estera italiana. Secondo gli attivisti con Borgese, l’Italia era incapace di ottenere quelle “compensazioni” che le spettavano. Tra le priorità politiche resta la risposta a quelle aggressioni di Vienna che «hanno ridestato per un momento la coscienza italiana» che nei pubblici dibattiti vengono presi ad esempio di un rinnovato movimento e moto d’orgoglio.

Siamo nel 1912

Sul Corriere di Sicilia Giovanni Borgese illustrava l’animo e le aspettative dei giovani d’area nazionale e patriottica nella Palermo ai tempi dell’impresa tripolina. Riferendosi al periodo giolittiano di “repressione” degli ideali, scrive: «la nuova generazione si sentì soffocare sotto questa sepolcrale aura asfissiante, e cominciò a demolire le sante memorie, e trasse la sua ira fino al furore». L’anno successivo, il 1913, sarà l’anno decisivo per la laurea in giurisprudenza e per l’impegno cittadino. Alle elezioni del 1914 il Partito Nazionalista si candidò con la Lista dei costituzionalisti per motivazioni collegate «non ad asservimenti elettorali, come predicano gli avversari, ma per un unico nobilissimo sentimento che è quello di contrapporsi alle masse dissolventi la nazione». Borgese ottenne il seggio al Consiglio Comunale di Palermo insieme ad altri 69 liberali (tra cui molti nazionalisti). Un successo per quella che sembrava una piccola realtà, fino a qualche anno prima, capace di organizzare in poco tempo grandi manifestazioni in grado di attrarre una numerosa affluenza di partecipanti.

Verso la Grande Guerra

Ma è appena poche settimane dopo che si palesò la dimostrazione dei reali intenti nei confronti del “dovere bellico”. Borgese stesso fece mandare un telegramma al Governo comunicando: «Palermo non è l’ultima delle città italiane pronta ad accorrere qualora fosse necessario esporre la vita dei suoi figli». La direzione era presa. L’impegno verso l’originale ideale interventista doveva essere onorato. Per tutto il periodo che va dalle elezioni palermitane fino alla primavera del 1915 – entrata italiana nella Grande Guerra – le tensioni tra chi sosteneva la neutralità italiana e chi l’entrata in guerra era fortissima. Le manifestazioni si susseguivano tra cariche della polizia. Fitte sassaiole di studenti – anche delle scuole secondarie – accendevano le strade delle maggiori città d’Italia. Palermo venne definita “triste e quasi lugubre” per uno sciopero generale di protesta e per il lutto in cui “si acquietava” la cittadinanza. Infatti c’era scappato il morto: di fianco al Politeama una guardia colpì a morte un giovane studente, dopo diverse revolverate sulla folla di dimostranti.

L’Italia va in guerra, e così anche Borgese

L’Italia era entrata in guerra con un governo ancora fortemente instabile. Borgese, ritorna una prima volta dalle trincee, ma premeva sulle autorità per poter tornare sul teatro delle operazioni belliche. Riuscito nel suo scopo, sfortunatamente morì in Trentino il 13 giugno 1916, colpito al capo da una scheggia. Aveva 32 anni. “Giovanni Borgese allo scoppio della guerra, richiamato, venne assegnato al Deposito di uno dei reggimenti della città. Ma egli, che era stato uno dei fautori più convinti della necessità del nostro intervento, volle essere mandato al fronte”, riporta il quotidiano palermitano L’Ora.

Grande Guerra

Finiva così la sua giovane vita, onorando i suoi valori nazionalisti e la sua passione politica, in lotta per la liberazione degli italiani rimasti sotto il dominio asburgico, oltre che per il completamento del processo unitario nazionale. Giovanni Borgese, il più importante e convinto leader della Destra nazionale dell’anteguerra in Sicilia, visse un patriottismo puro e sincero, sempre ostile a chi voleva dilaniare la Penisola, sempre pronto a dare voce e spinta a quella gioventù palermitana che vedeva con fervore e passione l’azione politica.

Giovanni Borgese, il nazionalista convinto fino alla fine ultima modifica: 2019-05-15T21:18:55+02:00 da Daniele Monteleone

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